sabato 19 aprile 2008

Quello che io non dico


Viveva un tempo un perfetto maestro di nome Abatà.
Nonostante conoscesse i segreti del cielo e della terra e fosse cercato da migliaia di aspiranti se ne stava da solo in una capanna sulla riva del fiume, con il suo unico discepolo.
Questi un giorno gli chiese il motivo di questo comportamento ed ebbe la seguente risposta:
"Come avrai notato nei lunghi anni della nostra associazione, io provo grande gioia a parlare con le persone e grande trasporto verso grandi e piccini.
Quando mi rivolgo a loro, uno su mille ascolta quello che dico,
di questi uno su mille capisce quello che dico,
di questi uno su mille ne intuisce l'importanza,
di questi uno su mille ne coglie le implicazioni per la propria esistenza personale,
di questi uno su mille pensa che sia possibile cambiare atteggiamento,
di questi uno su mille ha voglia di farlo,
di questi uno su mille ha la necessaria volontà di cambiare,
di questi uno su mille mantiene la fede e persevera nello sforzo,
di questi uno su mille non si lascia trarre in inganno da risultati precoci,
di questi uno su mille abbandona gli attaccamenti e non ha paura,
e quello sei tu, mio amato discepolo.
Un giorno forse capirai che c'è qualcosa ancora più grande di quello che io dico,
ed è quello che io non dico.

Da "Il piccolo Gioiello Rosso di Gurbani, pag 222"

4 commenti:

Unknown ha detto...

molto bello questo brano

Unknown ha detto...

Questo breve e pur affascinante dialogo, raccontato da Gurbani, è di un ordine exoterico e non metafisico, per diverse e tutte importanti ragioni che elencherò di seguito:
Contempla una relazione Guru-discepolo protratta a lungo nel tempo, quando il rapporto deve essere il più breve possibile perché è doveroso che un maestro metta l'allievo nella condizione di comunicare consapevolmente col Centro di sé, unico e vero Maestro spirituale.
Un rapporto protratto indica che l'allievo è incapace di visione interiore e, dunque, appartiene alla schiera di coloro che non hanno qualificazioni al "Vedere" immediato e interiore, conseguenza della comunicazione diretta col Sé universale.
Un Maestro non deve avere nessuna preferenza personale per il discepolo, che amerà tanto quanto ama tutti gli esseri.
Un Maestro può decidere, perché libero di farlo, di parlare o di tacere, ferma restando l'incomunicabilità dell'Essenza che relativa non è e quindi nemmeno soggetta a descrizione, ma mai un Maestro decide chi sarà il suo discepolo e mai un discepolo potrà scegliersi il Maestro. È l'Assoluto che decide per entrambi.
In questo dialogo il Maestro, o presunto tale, si lamenta di non essere né capito e nemmeno ascoltato dalla quasi totalità delle persone alle quali si rivolge, e porta questa constatazione come ragione del suo rapporto esclusivo con l'allievo.
È, questa sua, una errata disposizione d'animo che nessun Maestro vero può nutrire verso un mondo che conosce perché ne conosce, in modo perfetto perché assoluto, i princìpi universali, e sa bene che non ci può essere nulla di sbagliato nel fatto che la Libertà assoluta non possa contraddire la libertà relativa di cui ogni essere è dotato e che consente a ognuno di essere libero di decidere per sé cosa essere, al fine di mettersi nella condizione di essere qualificato per l'apertura all'influenza spirituale che dal Maestro si trasmetterà all'allievo.
Per le ragioni esposte sono certo che Gurbani non sia un iniziato né, tanto meno, un maestro spirituale.

Chi ha commentato prima di me, apprezzando questo racconto, dimostra ciò che già di lui sapevo. Infatti Dass dice, nel suo sito, che non c'è nulla di sacro nell'Acqua e mostra una sua foto immerso nel Gange dicendo che lo sa perché ci si è immerso e nulla è cambiato di lui. Lascio a te decidere il senso di un'affermazione del genere.
Saluto sia te che Dass, augurando a entrambi la pace.

Maurizio Salamone ha detto...

Caro Vajmax, la relazione maestro-discepolo, come anche il percorso della Conoscenza sono difficili da inquadrare in categorie.
Come puoi stabilire quantitativamente la durata della relazione?
Quanto tempo occorre per raggiungere la Verità?
Un istante forse, oppure una vita...
O forse stiamo parlando di aspetti in cui il tempo è irrilevante in quanto è fuori dal tempo che stà l'oggetto della relazione.
Circa il discorso della preferenza sono certo che non ti è sfuggito l'aspetto simbolico ed universale del dialogo, rivolto dal Maestro al Discepolo e non certo ad un singolo discepolo individuale.
Il discepolo prediletto simboleggia l'uomo che si apre alla Conoscenza conquistando un ruolo privilegiato con chi (il maestro) incarna nella manifestazione l'Assoluto.
Il Maestro non si lagna di essere incompreso come farebbe qualsiasi persona centrata sulla sua individualità ma sottolinea il fatto che l'umanità recalcitra nei confronti della luce preferendo ad essa le tenebre dell'ignoranza.
Relativamente alle tue affermazioni circa il fatto che non ci troviamo davanti un vero maestro o iniziato mi rallegro delle tue certezze.
Magari potresti anche raccogliere questa ed altre tue certezze su come deve essere o non essere un Maestro e scrivere un manuale!
La gente adora la manualistica.
Aggiungerei anche un capitolo su come smascherare i falsi maestri visto che ce ne sono tanti in circolazione.
Ciao e un caro saluto di pace anche a te.

Unknown ha detto...

Vedi Maurizio... il senso simbolico non può mai prescindere dalla sua applicazione al piano individuale, allo stesso modo un esempio individuale dovrà essere aderente allo stesso senso suggerito dal simbolo. È in questa relazione che il simbolo della croce assume anche un significato, individuale e uno storico, con la crocifissione del Cristo che ha valenza simbolica universale, ma anche umana. La Verità non è null'altro che la realtà, ma il modo di vederla è in relazione con la capacità di comunicazione col Centro di sé. A questa comunicazione immediata corrisponde la Certezza della Verità nelle sue ragioni sufficienti d'essere in modo che, se conosci l'unità (che non è l'Assoluto) potrai sapere anche in che relazione essa sarà con i numeri che la seguono e che l'unità contiene in principio. Quando si vede si deve essere rigorosi ai princìpi che si vedono nella Certezza assoluta, ed è per questo che io so riconoscere, dagli infimi particolari di cui è composta, questa aderenza, se c'è aderenza ai princìpi. Stai sereno e in pace, non scrivo per convincere, perché sarebbe contrario alla Libertà di chi leggesse per essere convinto. Io scrivo e commento per cancellare "certezze" che non sono la conseguenza della conoscenza dei princìpi. Non ti disturberò più.